mercoledì 3 aprile 2013

Ken Park (2002) di Larry Clark: agghiacciante viaggio nel lato oscuro del "sogno americano"

Ho visto per la prima volta, ieri sera, un film del 2002 di cui avevo sentito molto parlare: Ken park di Larry Clark. Il film fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, circondato da un alone di scandalo, ed è stato bersaglio della censura in molti paesi del mondo. La pellicola comincia con un ragazzo che, sulle note di una vivace canzone rock, si muove in skate per le strade di un sobborgo di Los Angeles, sprizzando gioia e vitalità ad ogni gesto ed espressione. Un inizio ironico, che ricorda quello di tanti film per teen-agers prodotti in America e ambientati in college dove regnano l’anarchia, la festa e il sesso occasionale, stile American Pie, per intenderci. Ma il film di Clark spiazza immediatamente. Poggiato lo skate per terra, il giovane estrae una pistola e si spara un colpo alla tempia. Perché Ken Park (il film prende il nome proprio dallo studente suicida che apre il racconto) non è uno spettacolo, non mira a divertire lo spettatore, è un’opera carica di dolore e di morte. Dopo lo scioccante incipit, il film procede indagando sulle vicende degli amici di Ken e sulle loro misere esistenze tra adulti violenti, cinici, perversi o, a volte, semplicemente ridicoli. 
Shawn marina la scuola per avere rapporti sessuali con la madre della propria fidanzata. Peaches è schiava di un padre ossessionato dalla religione, che vede nella sensualità della figlia un nemico da abbattere. Claude deve confrontarsi quotidianamente con un padre violento e alcolista, che una notte cerca di violentarlo. Tate vive con due nonni che sembrano usciti dalle pubblicità televisive e pratica una sorta di onanismo estremo; alla fine dell’ episodio, ucciderà i due anziani, in un raptus di follia. 
Stanchi dello squallore delle loro vite, Peaches, Shawn e Claude si abbandoneranno in un amplesso liberatorio. Claude, infine, svelerà l’arcano del suicidio di Ken: il ragazzo aveva messo in cinta la fidanzata, la quale, per difendere la decisione di tenere il bambino, aveva chiesto se rimpiangesse che sua madre non lo avesse abortito. Ken non risponde alla domanda e poco dopo si uccide. 
E’ il “vuoto di senso” che percorre tutto il film di Clark, che si configura come una dolorosa tragedia generazionale, popolata da adolescenti che non credono più a nulla, sbandati in un mondo che li rifiuta e di disprezza. Ancor più desolante è l'universo degli adulti, animato da frustrazioni, violenza e pedofilia. In tal senso, la scena di sesso finale assume un significato catartico e salvifico, diventa l’unica occasione dei tre giovani per esprimere il proprio insopprimibile bisogno di amore e di comprensione. In questo angosciante viaggio nell’“incubo americano”, Clark non si ferma di fronte a nulla, non si rifugia dietro ellissi e convenzioni narrative, ma sfida lo sguardo del pubblico benpensante, costellando il film di scene crude, insostenibili, e di immagine erotiche ai limiti del pornografico e dell’osceno. Ma se, come diceva Carmelo Bene, o-sceno vuol dire fuori dalla scena, è proprio il modo in cui il regista racconta questo altrove, questo lato oscuro che rende Ken Park indimenticabile. Ho ravvisato inoltre, nel film, echi profondi di un cinema che non c’è più: Pasolini, anzitutto, per l’attenzione ossessiva ai corpi e alle loro pulsioni; Bunuel e Jodorovsky, per la dimensione surreale, assurda, sottesa all’apparente realismo del film.
Mi sono tornate in mente anche altre opere cinematografiche che, come la pellicola di Larry Clark, indagano sui meandri più inquietanti della società americana attraverso la noiosa provincia e gli ordinati sobborghi delle metropoli: da La morte corre sul fiume di Charles Laughton a La rabbia giovane di Terrence Malick, fino al più recente Elephant di Gus Van Sant uscito un anno dopo Ken Park e vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes. Ma il linguaggio di Clark, la sua amarezza e la sua ironia rappresentano un unicum nel cinema americano.

In streaming al link: http://filmpertutti.tv/ken-park/







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